Dobbiamo rischiare di divenire di sale, dobbiamo girarci a guardare cosa sta accadendo, cosa si accanisce su Gomorra, la distruzione totale dove la vita è sommata o sottratta alle vostre operazioni economiche.
da Gomorra di Roberto Saviano
Da quando ho letto Gomorra non ci dormo la notte, non tanto perché sia stupita — non lo sono per niente –, quanto per la lucidità con cui osservo la situazione adesso, io che ormai sono lontana da molti anni dal regno della camorra. Vorrei scrivere qualcosa ma nulla di quello che penso riesce a convincermi fino in fondo. Se scrivo lo stesso è per sfogarmi, per esprimere il disagio che provo vedendo troppi amici fare scelte di vita improbabili, scelte che mai avrebbero fatto se non fossero nati e vissuti da sempre in terra di camorra, se non vivessero sempre all'interno di una guerra dove ogni gesto può divenire un cedimento, dove ogni necessità si trasforma in debolezza, dove tutto devi conquistarlo strappando la carne all'osso. Niente di costruttivo, insomma. Non ho idea di che cosa possa essere costruttivo in questi casi.
Il fatto è che anche se di continuo penso a Gomorra, e lo consiglio a tutt*, in Campania e altrove, poi penso anche che quando l'avranno letto non si trasformeranno in statue di sale: girandosi indietro, rischieranno più probabilmente la sorte di Orfeo, che con le parole riuscì a riconquistare la donna amata e a portarla fuori dagli inferi ma quando si voltò a controllare che fosse tutto vero, vide solo un'ombra svanire.
"Credo di essere diventato un simbolo nel senso che sfidare in piazza i boss in territori considerati vere e proprie roccaforti non ha un significato di pericolo, ma lancia una gemma di possibilità di emulazione: se lo fa uno lo possono fare tutti". Io spero che Saviano abbia ragione, e trovo che la sua sia una delle gemme più preziose viste in questa terra di camorra totale in cui viviamo, ma se Gomorra riesce a straziare e a scavare solchi per gemme infinite, non riesco a dimenticare che ferisce più il kalashnikov della penna.