Di Attentato imminente sono venuta a sapere già a luglio, mentre era ancora in fase di revisione, e grazie alle alchimie che si creano in rete, Antonella Beccaria, autrice del libro (oltre che di molte altre cose, tra cui un racconto sulle cartoline del Babau), mi ha fatto avere il manoscritto prima che venisse mandato alle stampe. Ora che stringo la copia cartacea tra le mani, sempre gentilmente inviata da Antonella, finalmente mi sento di parlarne, tanto più che tra un mese esatto ricorre il quarantennale dell’attentato di piazza Fontana e che intanto il libro può essere già prenotato.
Attentato imminente è un saggio inquietante, coraggioso e avvincente come un romanzo: la storia di Pasquale Juliano, un commissario di polizia che, quasi per caso, avrebbe potuto smascherare i neofascisti responsabili della strage di piazza Fontana e che, non certo per caso, finisce sotto processo poco dopo con l’accusa di aver costruito le prove.
Per citare l’ultimo paragrafo del libro:
All’indomani del pronunciamento milanese di primo grado per piazza Fontana, il giudice Salvini ribatté alle insinuazioni che le sentenze fossero scritte «con la penna rossa» di Gaetano Pecorella, avvocato di Delfo Zorzi, e di Carlo Taormina,
allora sottosegretario all’Interno, dicendo: «Dobbiamo rendere omaggio
alla memoria del magistrato Emilio Alessandrini e del commissario di
polizia Pasquale Juliano che, assassinato da terroristi il primo e
abbandonato dai suoi superiori il secondo, non hanno potuto assistere
al riconoscimento della validità della pista d’indagine cui si erano
dedicati». E il magistrato sorvolò con eleganza su un fatto: in un
processo per strage in cui lo Stato si era costituito parte civile, Pecorella
difendeva uno dei principali imputati per i fatti del 12 dicembre 1969
mentre in contemporanea rivestiva le cariche di deputato per Forza
Italia e di presidente della commissione Giustizia della Camera.