Mentre mi accingo a finire di tradurre questo romanzo (su cui voglio proprio tornare, visto che è stata un’esperienza molto singolare, anche perché ho potuto entrare in contatto con l’autrice, attraverso il suo blog), mi capita una cosa molto simile a quello che succede quando senti una parola nuova per la prima volta e poi pare che tutti la nominino ovunque e la senti ripetere da più parti. Proprio quando finivo di leggere il terzo libro di seguito sui pirati, cominciavo a tradurre la parte del romanzo che si svolge a stretto contatto con i pirati. Una specie di dissonanza cognitiva mi aveva fatto completamente scollegare il mio io lettrice dal mio io traduttrice, insomma, la mano destra non si ricordava cosa faceva la sinistra.
Nel primo caso ti chiedi se la parola fosse tanto diffusa già prima e tu non l’avessi mai notato o se sia invece diventata di moda nel periodo in cui l’hai sentita nominare tu per la prima volta. In questo caso mi chiedo come sia andata che ho finalmente deciso di leggere una seria storia della pirateria, tra le tante altre cose che aspettavano: era perché avevo letto questo, perché già avevo letto e stavo traducendo un romanzo per bambini che parla di pirati, perché di recente avevo visto un film tremendo sui pirati che va tanto di moda da non doverlo necessariamente citare, o perché ormai gli spazi autogestiti o relativamente liberi dal controllo in cui vivere la mia utopia pirata personale sono sempre meno?
Sia come sia, l’ultimo libro che ho letto (Canaglie di tutto il mondo di Marcus Rediker, tradotto da Roberto Ambrosoli e edito da Eleuthera) era, finalmente, proprio quello che cercavo. Dettagliato, acuto, scorrevole e tradotto con attenzione (grazie a questa traduzione, ho saputo decidere con precisione come tradurre alcuni termini legati alla pirateria nel romanzo di cui sopra), si legge d’un fiato e fornisce tutti i collegamenti storici che servono per inquadrare il fenomeno della pirateria atlantica nella sua epoca d’oro (gli inizi del XVIII secolo) e le utopie pirata come Tortuga e Libertalia.
Ecco un assaggio — l’ultimo paragrafo del volume, quindi ignoratelo se non volete sapere come va a finire 😉 –, ma il libro vale la pena di leggerlo per intero, ed è una cosa che si fa con grande gusto.
Amiamo i pirati soprattutto perché erano ribelli. Sfidavano, in un
modo o nell’altro, le convenzioni di classe, di razza, di genere e di
nazione. Erano poveri e in una condizioni miserevole, ma esprimevano
grandi ideali. Sfruttati e maltrattati dai capitani mercantili, hanno
abolito il salario, istituito una diversa forma di disciplina, messo in
pratica una loro visione di democrazia e uguaglianza, fornito un
modello alternativo per la conduzione del vascello d’alto mare. …
Quanto più i pirati sono riusciti a costruire la loro gaia e autonoma
esistenza e a goderne, tanto più le autorità si sono impegnati a
distruggerli. Questi fuorilegge hanno vissuto in modo audace e ribelle,
e dobbiamo ricordarli almeno finché esisteranno potenti e oppressione
da combattere.
3 responses to “altri libri sui pirati”
(era una battuta) comunque la quarta di copertina lo descriveva in modo “da marketing” e quindi ho scelto Rediker che mi ha ispirato di più. Mi sarebbe piaciuto che la pirateria avesse sviluppato una sua “cultura scritta” documentata da protagonisti o cronisti interni e non solo da rapporti militari e condanne a morte. Ovviamente visto le condizioni sociali in cui nasceva era molto difficile e forse molto si è perso in mare. Non ne so molto ma pensando alla gestione della giustizia/potere sulle navi pirata mi è venuto in mente una cosa che lessi sull’organizzazione delle città nei Paesi Baschi. Vedrò ora sto giocando con il Giappone :)))
Hasta
ciao sammy,
la parola non c’era: era una similitudine, ma sono io che non so usare le figure retoriche 😉
pirati e sodomia non l’ho preso, e non credo che per il momento lo farò (ho tante altre cose da leggere!), però che hai contro il titolo? è che ci sono troppe ‘i’ e hai un’allergia ai nomi con le lettere che si ripetono come il barone lamberto di rodari?
comunque su rediker io mi ero stupita del contrario, e cioe’ che avesse tanti dati storici su cui basarsi e che li esaminasse scientificamente: non trovi stupefacente che dei futuri pendagli da forca siano riusciti a lasciarsi alle spalle così tante testimonianze?
A presto 🙂
rz
Ma… sarò molto distratto… ma che parola era? 🙂
Il libro di Rediker è molto bello però mi ha lasciato il dubbio che in fondo della pirateria si sappia poco e molto resti ancora legato al mito. La costruzione di insediamenti libertari e utopici è spesso legata a movimenti di insurrezione e brigantaggio, però mai come nei pirati ha assunto un tale peso da incidere in modo così importante nell’economia del periodo.
Conosci il libro “pirati e sodomia”? Me lo hanno consigliato ma sarà forse per il titolo che non l’ho mai preso 😉