Le riflessioni di trapra reduce da Urbino sull’appiattimento della lingua in traduzione mi fanno venir voglia di scrivere sulla festa di Internazionale,
non per elogiarla (me la sono inaspettatamente goduta, nonostante la
folla, ma sarebbe superfluo: basta comprare il numero di questa settimana per
leggere elogi ben più autorevoli), ma per parlare di una mancanza.
Internazionale
è una rivista fatta di traduzioni, e la grande assenza, nella
presentazione dei suoi autori è stata quella di
chi quegli autori li fa rivivere in italiano per renderli accessibili ai lettori. Ma il fatto che gli “autori” dei testi italiani
non si trovassero fianco a fianco con gli autori dei testi originali
non è poi così sorprendente, considerato che Internazionale deve la sua
ampia leggibilità non solo ai contenuti ma anche al suo stile: forse
chi traduce per la rivista fa qualche sforzo di adeguamento all’andamento generale della pubblicazione, ma di certo una massa di traduttori che
non sono in alcun modo coordinati tra loro non può realizzare un effetto
tanto omogeneo. Il grosso è loro, ma l’omogeneità di stile implica
necessariamente una digestione del lavoro dei traduttori.
Probabilmente
allora l’appiattimento di cui parla trapra è dettato a volte da
automatismi, coazioni a ripetere e superficialità redazionali, ma altre
(un caso per tutti)
risponde all’esigenza, non necessariamente legittima ma di certo
efficace, di dare uno stile distintivo alla produzione complessiva di
un dato editore.
Detto questo, tra meno di una settimana esce in libreria il primo romanzo (ma per bambini) che io abbia mai tradotto. Qualche tempo fa parlavo dello stile dell’originale:
un po’ raffazzonato, certo, ma soprattutto spigliato, veloce, terra
terra, una lettura immediata. La mia creatura era simile, avevo tentato
di mantenere un linguaggio giovanile, quasi parlato, come
nell’originale. La versione stampata è di tutt’altra pasta. non è un italiano sublime, no: ma lo stile redazionale di cui sopra è stato rispettato, e l’immediatezza si perde un po’. Se per Internazionale l’omogeneizzazione è un successo, in quest’altro caso mi chiedo invece se queste decisioni possano avere a che fare con la carenza cronica, anzi crescente, di lettori
di libri in Italia.