Ruggine n. 1


 

È online il numero 1 di Ruggine, con, tra altre storie, visioni fantascientifiche, poesie e illustrazioni, una mia traduzione di un racconto steampunk tratto dallo Steampunk Magazine e un mio claustrofobico racconto. Se vi interessa mettere le mani sulla versione cartacea, date un’occhiata all’elenco dei coproduttori e dei punti vendita. Se nella vostra città non ce n’è nessuno e/o volete partecipare alla coproduzione, scrivete direttamente a collanediruggine @ autistici . org. Nel frattempo, ecco l’editoriale:

Se pensate che in tempi di crisi la cosa migliore da fare sia aspettare, con le braccia conserte e lo sguardo assente, un nuovo miracolo che venga a risollevarci dal baratro in cui siamo caduti, probabilmente non troverete interessante continuare a leggere queste pagine.

La crisi è l’ennesima conseguenza di un sistema votato al collasso che ci vuole spaventati e rassegnati, l’ennesimo spettro che ci terrorizza, non il primo e sicuramente nemmeno l’ultimo.


Nelle discariche che costituiscono la geografia esaurita di un mondo violentato quotidianamente da un
progresso (altra parola magica di fronte a cui tutti dovrebbero inchinarsi, fino a spezzarsi) che è fatto di morte, sfruttamento, sperimentazioni, distruzioni e “necessarie” ricostruzioni, ci muoviamo ormai da tempo immemorabile, cercando i pezzi di ricambio per ridisegnare un altro modo di vivere.


Così come la ruggine modifica i rifiuti metallici, regalandogli nuova consistenza e sfumature di un colore intenso, la nostra immaginazione interagisce con la realtà e la trasforma.


I racconti che troverete in queste pagine, dal surreale e tenerissimo
Licheni, passando per l’incubo claustrofobico di Occhio sbarrato fiero, per finire dentro il ventre del corpo legislativo in Gravidanza asociale (per citarne solo alcuni), parlano del nostro presente, sfidandovi a riconoscerlo nelle fasi della sua deformazione.


Un percorso di segni e disegni che accompagnano la metamorfosi della quotidianità, traslandola in un altro spazio-tempo (non importa se passato o futuro), proiettandola in un’altra dimensione che è quella del possibile.


Ed è qui, in queste immateriali zone di transito che le nostre utopie trovano un luogo, i nostri desideri forma e voce, le nostre paure escono allo scoperto, perché dobbiamo farci i conti e, forse, esorcizzarle.

Siamo convinti che la realtà in cui siamo immersi non segua nessun destino ineluttabile, ed è per questo che possiamo prenderne le distanze, per riderci sopra prendendola su serio, per ironizzare sui paradossi che la compongono, per costruirne un’altra, iniziando a immaginarla, mentre lottiamo contro i mulini a fusione nucleare.

Prima di lasciarvi, volevamo dare spazio ad un manoscritto che abbiamo ritrovato in una vecchia fabbrica, oggi distrutta.

Probabilmente era un’acciaieria, ma non sappiamo dirvelo con certezza, perché adesso è uno dei tanti cumuli di macerie che popolano le nostre periferie e le nostre immaginazioni.

Dispaccio n. 0

Noi siamo la generazione dal futuro ucciso.

Bruciato con bombe al fosforo, avvelenato dai gas di scarico, affamato da una multinazionale, strozzato da una banca, usato come cavia da un’industria farmaceutica.

Il tempo, insieme al nostro futuro, si è fermato a Nagasaki.

In una dimensione strana, chiamata crisi, depressione, congiuntura negativa, recessione, ci muoviamo con la certezza che le briciole di futuro rimaste dipendono unicamente da noi stessi. Niente pensione, niente stato sociale, niente posto fisso. Allo stato sono rimasti solo i denti da mostrare, e il teatrino della politica di potere appare di giorno in giorno sempre più lontana dalla realtà.

Ma dopo tutto, il futuro si è fermato a Nagasaki e da lì può ripartire. Costruiremo gruppi d’acquisto per non mangiare più cibi avvelenati, ci riprenderemo case, giardini e spazi sociali, impareremo il riciclo e il riutilizzo dei rifiuti, ci alimenteremo con energie rinnovabili, useremo l’autogestione come lente per guardare un orizzonte ridisegnato.

Si aprano le danze, inizi la ricostruzione sopra le macerie, i nostri prossimi passi decideranno il nostro destino.

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One response to “Ruggine n. 1”

  1. Bello, bello. Ho letto anche il numero zero. Mi pare siate stati troppo severi con il racconto della Catastrophe Orchestra (che tra l’altro mi sembra tradotto molto bene). Io il titanismo non ce l’ho visto. Cercare in un racconto di 20 pagine le “sfumature di pensiero” mi pare un po’ eccessivo. Lo trovo molto attuale (anche voi, d’altra parte, se no non l’avreste pubblicato). E il modo drammatico – e certo amaro – col quale entrano in scena i migranti mi pare molto azzeccato. In sintesi, complimenti.

    gadda