un ennesimo, futile motivo per odiare la fiera del libro


Si avvicina la fiera del libro di Torino, che quest’anno, con la sua scelta di Israele come ospite d’onore a sessant’anni esatti dalla nakba, ha destato una controversia disarmante tra chi, giustamente, propone un boicottaggio alla fiera contro una scelta così inopportuna proprio in un periodo come questo, sempre più catastrofico per la Palestina [qui i racconti di Amira Hass: 12], e chi denunciava di antisemitismo le voci critiche: l’accusa tipica di chi vorrebbe tanto difendere i soprusi di Israele ma non ci riesce, in effetti.

Il 10 maggio, proprio in occasione della fiera, si terrà a Torino una manifestazione nazionale per la Palestina, e varie iniziative la precederanno. Spero di esserci: alla manifestazione, non alla fiera, che boicotterò nonostante l’invito — inviato per posta elettronica dall’indirizzo dell’organizzatrice a, credo, qualunque traduttore censito da qualche parte, me compresa (ammazza lo spam!) — a partecipare a questi incontri sulla traduzione. Su questi eventi avevo già pubblicato un articolo sotto mentite spoglie in un blog che ora sta chiudendo, quindi approfitto dell’occasione per ripubblicarlo, nel caso qualcuno cercasse un ennesimo, e di certo più futile, motivo per detestare la fiera del libro, che d’altronde è pur sempre emanazione del tetro mondo (editoriale) mainstream italiano.

Colgo l’occasione della fine della fiera del libro di Torino, e delle
sue conferenze sull’"Autore invisibile", che poi sarebbe la traduttrice
o il traduttore, per scrivere il mio primo post su questo blog, che,
come già mi riproponevo da tempo, sarà proprio dedicato a questa tanto
decantata invisibilità.
Decantata, certo, ma per fortuna non da tutti, visto che, sulla scia di Lawrence Venuti,
alcun* traduttor* e teoric* della traduzione stanno cominciando a
mettere in discussione questa invisibilità da vari punti di vista.

Tanto per cominciare, c’è chi dice
che questa presunta invisibilità è utile "per motivi ben precisi di
tipo economico e finanziario", perché se chi traduce non si vede, non
può neanche vedersi con le sue colleghe e con i suoi colleghi e imporre
condizioni contrattuali migliori. E infatti, per quanto riguarda la
traduzione le condizioni contrattuali sono inesistenti in molti paesi,
tra cui l’Italia: non serve conoscere Bianciardi e la sua Vita agra per immaginare che il lavoro di un’entità invisibile è legato a una precarietà ante litteram.

Ma c’è di più: quest’essere invisibile, e precario, svolge un lavoro di grande responsabilità,
quello di tramite tra una cultura e l’altra, tra un’opera e il suo
omologo nella lingua d’arrivo, eppure, a meno che non si tratti di una
celebrità, di uno di quegli scrittori che traducono scrittori da
sfoggiare nelle collane speciali o sulla copertina di un best seller,
questa responsabilità non le e non gli viene riconosciuta: può
benissimo riflettere per giorni e notti su come tradurre un termine,
una frase, un gioco di parole, su come rendere un concetto
intraducibile — se il redattore o la redattrice di turno (spesso
anch’essa sottopagata e precaria) non è d’accordo, o semplicemente il
giorno che corregge il suo testo è distratta, o stanca,
dell’autorialità di questo autore invisibile non terrà per nulla conto.
E
allora a poco serve rivendicare il nome in copertina, perché il testo
che firmi, quello su cui hai pensato per mesi, potrebbe non essere più
quello che è uscito dalla tua penna, anzi dalla tua tastiera e dalla
tua schiena dolente, dal tuo cervello e dalla tua sensibilità: poche
redazioni si curano di informarti riguardo al destino del tuo testo, e
quindi capita spesso che questo autore invisibile sia tanto invisibile
da essersi preso responsabilità cancellate, corrette, editate e da
vedersi pubblicare un testo che lui, o lei, non ha mai scritto davvero,
nome o non nome in copertina, o più spesso in colofon.
Più invisibile di così… 

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One response to “un ennesimo, futile motivo per odiare la fiera del libro”

  1. reggi!!!!
    ma dove sei?
    uff, cmq la pasta madre sembra che stia bene, mi fa le boll ogni volta che la guardo e credo sia pronta per essere sperimentata: domani faccio la pizza.

    p.s.questi captcha diventano sempre più difficili