Verso metà giugno i cappucci che avevo piantato a marzo erano belli e pronti, e tutti assieme non sapevo proprio come usarli (un solo cappuccio basta per un’infinità di insalate e di riso saltato… per non parlare del fatto che anche tra i più salutisti pochi apprezzano questa verdura che a me assurdamente piace un sacco). Però, lasciandoli nell’orto, sapevo che sarebbero stati mangiati da lumache e bruchi di cavolaie e che quindi sarebbe stato come non averli neanche piantati. Non pensavo di poter fare i crauti senza un’apposito tino, ma poi cercando in giro per la rete ho trovato questa ricetta, mi ci sono cimentata e il risultato è stato tanto soddisfacente che sono andata al mercato per comprare delle nuove piantine di cavolo cappuccio e usare tutto il raccolto per una nuova scorta di crauti.
La pagina della ricetta su cui mi sono basata contiene prima una lunga rassegna storica sulla tradizione dei crauti e sulle varie ricette giunteci dal passato. Per il momento non mi viene voglia di tradurre tutto e mi limito alla sola ricetta. Eccola qui, sintetizzata e integrata con le mie soluzioni personali.
I crauti si preparano facilmente in una normale cucina, anche se ci si può chiedere se ne valga la pena. Io direi proprio di sì. La procedura è molto semplice, e il risultato decisamente saporito. Il mio metodo è simile a quelli tradizionali, sebbene le differenze non manchino. Innanzitutto, non produco quantità consistenti come quelle previste dalle ricette antiche. Riesco a ottenere una scorta sufficiente già con la quantità di cavolo che può starsene sulla mia credenza a fermentare senza occupare troppo spazio. Inoltre, mescolo il sale al cavolo invece di disporre i due ingredienti a strati e in questo modo il processo di fermentazione si accelera. Infine, per la fermentazione uso un recipiente di plastica trasparente invece di un barile o di un vaso di terracotta, perché così posso osservare il progresso della fermentazione.
Il mio recipiente contiene in tutto 6 litri e, con l’esperienza, ho capito che per riempirlo mi servono circa 3 chili di cavolo affettato. Quindi tento di comprare poco meno di quattro chili di cavoli cappucci, scegliendoli tra i più solidi e pesanti e controllando che le foglie esterne siano fresche e intatte. [Io ho usato un recipiente da tre litri per circa un chilo e mezzo di cavolo cappuccio. Ne ho ricavato un barattolo da 250 grammi, quindi vale la pena usare le quantità indicate nella ricetta; in compenso, i miei cavoli erano biologici e per nulla intatti: le lumache ci avevano dato dentro sulle foglie esterne, ma il risultato è stato ottimo comunque — basta eliminare le foglie rosicchiate e lavare e asciugare bene l’esterno del cavolo prima di tagliarlo].
Lavoro su un cavolo alla volta, affettandolo e salandolo prima di passare a quello successivo. Per iniziare, elimino le foglie più esterne e le getto via. Poi taglio il cavolo in quattro e con un singolo taglio diagonale tolgo il torsolo dal centro e lo elimino. A questo punto affetto il cavolo con un grosso coltello. L’idea è di ottenere striscioline quanto più sottili possibili, di circa 3 millimetri di larghezza.
Quando tutto il cavolo è affettato, lo inserisco in un’ampia terrina ed elimino tutti i pezzi più duri o tagliati grossolanamente. Conclusa l’operazione, peso il cavolo affettato e calcolo quanto sale aggiungere: uso il 3% di sale rispetto al peso, quindi per stabilire la quantità di sale, moltiplico il peso del cavolo, in grammi, per 0,03 e approssimo il risultato al grammo. Dopodiché peso la quantità necessaria di sale e la spargo sul cavolo.
Invece di aspettare che il sale e il cavolo interagiscano spontaneamente, massaggio il composto con le mani finché il cavolo non inizia a essudare acqua e non risulta morbido al tatto, cosa che succede in un minuto circa. A questo punto inserisco il cavolo e il liquido essudato nel contenitore che userò per la fermentazione e procedo nello stesso modo con i cavoli restanti.
Quando tutti i cavoli sono stati affettati, massaggiati e trasferiti nel recipiente di plastica, si noterà facilmente una lieve differenza di tonalità tra gli strati provenienti dai diversi cavoli, dovuta forse alla differenza cromatica tra i singoli esempliari o più probabilmente alla quantità di tempo dedicata a massaggiarli. Allora mescolo i cavoli assieme finché il colore non è uniforme e, usando una larga spatola di gomma [o nel mio caso una schiumarola metallica], schiaccio le foglie finché non sono tutte coperte dal liquido essudato.
A questo punto osservo che il cavolo affettato, che prima di essere salato pesava 3,2 chilogrammi, misura un volume di circa 3,5 litri. Invece di usare un piattino o un pezzo di legno per tenere il cavolo sommerso, uso un sacchetto di plastica pieno di salamoia. Scelgo un sacchetto leggermente più grande del recipiente e lo riempio con 2 litri d’acqua mescolati a 60 grammi di sale fino. Uso la salamoia in modo che il liquido del cavolo non venga diluito nel caso in cui la plastica si rompa, ma fino a oggi il sacchetto non mi si è mai rotto. Chiudo il sacchetto ermeticamente in modo che non si apra per sbaglio e lo dispongo uniformemente sul cavolo. Essendo il sacchetto trasparente, posso controllare che non restino grosse bolle d’aria tra la plastica e le foglie affettate. [Non avendo un sacchetto di plastica di quelle dimensioni a portata di mano, ho provato a usare un contenitore di plastica con il coperchio appoggiato sopra un piattino per schiacciare più uniformemente].
Infine, sistemo il coperchio sul recipiente e lo metto da parte sulla credenza. Il coperchio non deve chiudere il contenitore ermeticamente: è importante che il gas che viene a crearsi durante la fermentazione possa fuoriuscire. [La soluzione del contenitore di plastica non mi permetteva di usare un coperchio. Ho coperto tutto con carta d’alluminio per evitare che potessero entrare impurità: tanto non mi serviva la chiusura ermetica!] Il cavolo dovrebbe fermentare a una temperatura ambiente di 24°C al massimo. Di solito nella mia cucina ci sono circa 21°C. [Io ho tenuto il contenitore a una temperatura fresca, nell’ambiente, simile a una cantina, dove tengo anche la pasta madre.] La fermentazione può aver luogo a temperature molto più basse, ma il procedimento dura più a lungo. Alcuni sostengono che da una fermentazione più lenta derivino crauti di miglior sapore, ma io sono soddisfatto dei miei risultati. [Io non ho misurato la temperatura, ma direi che si poteva aggirare intorno ai 20°C o anche un po’ di meno; dopo 20 giorni i crauti erano pronti.] Non mi preoccupo nemmeno del fatto che il cavolo sia esposto alla luce, anche se comunque non lo lascio mai esposto alla luce diretta del sole.
Dopo un paio di giorni tra le foglie di cavolo si cominciano a notare delle bolle di gas e il colore della vedura passa dal verde al giallo. All’inizio le bolle sono poche, ma nel corso della prima settimana iniziano ad aumentare. Una volta al giorno o giù di lì tolgo il sacchetto di plastica pieno d’acqua e schiaccio leggermente il cavolo con la spatola come ho fatto all’inizio. In questo modo le bolle emergono e il gas fuoriesce. Quando sposto il sacchetto, lo appoggio sull’interno del coperchio del recipiente in modo che non si contamini al contatto con altri oggetti. Uno dei vantaggi del recipiente in plastica trasparente è che vedo chiaramente le bolle che vengono a formarsi durante il processo di fermentazione. [Oltre a schiacciare i crauti, io gli davo prima una girata con una forchetta pulita, in modo da essere sicura che le bolle fuoriuscissero.]
Quasi tutte le ricette che ho trovato consigliano di eliminare tutte le impurità che affiorano in superficie. Io non ho mai visto impurità nei crauti che ho preparato con questo metodo. [Io ne ho viste negli ultimi giorni, ma eliminarle non è stato difficile.]
Ogni volta che tolgo il sacchetto assaggio anche un po’ di cavolo per capire come cambia il sapore. All’inizio il composto è un po’ salato, ma via via che la fermentazione prende piede, il sapore di sale si dilegua. Anche l’aroma cambia: si intensifica con il passar dei giorni, ma non diventa mai sgradevole.
Dopo circa due settimane le bolle non si producono più e i crauti sono pronti. Adesso il colore della verdura è giallo opaco e la fragranza è deliziosa. A questo punto i crauti si possono conservare — io uso barattoli di vetro — e congelare finché non se ne fa uso. Nel freezer i crauti durano diversi mesi, ma il mio freezer è piccolo, quindi tranne per un paio di porzioni sterilizzo i vasetti in modo da poter conservare i crauti in una dispensa.
Qualunque metodo di sterilizzazione mediante calore andrà bene. Per cominciare, inserisco i crauti in vasetti puliti, poi uso l’estremità di un matterello per schiacciarli bene nel barattolo in modo che siano coperti dal succo. Prima di chiudere i vasetti, pulisco e asciugo il bordo. In questo particolare caso, quando ho finito tutti i crauti mi restavano 600 millilitri di succo. Alcuni lo bevono sostenendo che fa bene alla salute. A me il sapore non piace particolarmente, quindi lo getto via.
A questo punto dispongo i barattoli in un grosso pentolone e li copro con acqua tiepida. Poi colloco il pentolone su una forte fiamma e porto l’acqua a ebollizione, tenendo i vasetti nell’acqua che bolle per 20 minuti prima di spegnere. Di solito uso barattoli piccoli da circa due porzioni, ma se dovessi usare un vasetto con una capacità maggiore di 1/2 litro, lo lascerei bollire per mezz’ora. Alla fine tolgo i recipienti dall’acqua e li lascio raffreddare. Nei vasetti non c’è più molto liquido! Per finire, conservo i crauti in dispensa finché non mi serviranno.
Per concludere, l’autore descrive varie ricette per preparare i crauti cotti a partire da quelli crudi. Le ricette si sprecano, ma io mangio volentieri i crauti anche crudi in insalata, con una mela a dadini, una cipollina tagliata sottile, sale, pepe, olio, poco aceto di mela e qualche bacca di ginepro.
2 responses to “crauti, ovvero come usare tanti cappucci e ripiantarne ancora”
una collega fermentatrice mi ha scritto una mail che arricchisce molto questo post e che inserisco prontamente nel blog. magari qualcuno potrà anche rispondere alla sua domanda…
intanto grazie all’autrice 🙂
ho letto con interesse la tua descrizione della preparazione dei crauti.
Anch’io li preparo in casa, utilizzando pero’ un recipiente di ceramica con un coperchio con una canalina che si riempie d’acqua (esce il gas ma non entrano impurita’).
Ho acquistato questo recipiente in Belgio. Vorrei cercare qualcosa di simile in Italia, mi andrebbe anche bene il tipo di recipiente (pickle press) che si usa in Giappone, ovvero una scatola di plastica con coperchio e con integrata una pressa che schiaccia le verdure. Per caso sei a conoscenza di dove si possono trovare recipienti di questo tipo?
Invece per quello che riguarda le tue preparazioni ti potrebbe essere d’ispirazione il sito http://www.wildfermentation.com
Puoi utilizzare spezie (pepe aromatico, chili) o verdure diverse (zenzero, aglio, cipollotti) per arricchire l’aroma dei cavoli e su quel sito ci sono alcune ricette (e anche un libro molto utile sui diversi tipi di fermentazione, stile coreano,e tc.). Invece e’ un peccato sterilizzare i crauti perche’ in quel modo spariscono le vitamine e gli enzimi vivi che ne caratterizzano la ricchezza e i benefici da un punto di vista alimentare. Io conservo i miei in barattoli in frigorifero senza bisogno di pastorizzazione. Fuori dal frigo, nel recipiente di ceramica, sono riuscita a tenerli per 5 settimane.
Ti ringrazio se avrai il tempo di rispondere circa i recipienti.
buona fermentazione
be’, io ho una vera e propria passione per tutte le cavolacee. come vedi, non sei la sola ad apprezzare il cappuccio! :))