marmellata di arance (rigorosamente biologiche, anzi primitive)


 All’agognata partenza dal paesello delle origini, il nonno, arzillo e novantacinquenne (il vino lo ha fatto lui con le sue mani anche quest’anno, e le olive, e i fichi secchi, eccetera) e la zia ex fricchettona/femminista/macrobiotica mi hanno riempito di autoproduzioni, regali e cimeli. Così me ne sono tornata a casa con:

  • un piatto di struffoli 
  • un vassoio di fichi secchi riempiti di noci
  • una caciotta di pecora che sta invecchiando piano spalmata d’olio e appesta la cucina
  • un sacchetto di olive nere
  • 15 litri tra falanghina e aglianico
  • una cassetta di mele annurche
  • la collezione quasi completa di Linus anni ’60-’70, Alter Alter e il Male!
  • e soprattutto un bustone di arance dell’albero nell’orto, più abbandonate a se stesse che bio 😉

 
Dovendo smaltire lo stress natalizio, appena a casa mi sono fiondata in cucina, dove ho affrontato un’impresa che bisogna essere pazz* per intraprendere da sol*. Se veramente volete fare la marmellata d’arance, oltre alle arance rigorosamente biologiche (si usa la buccia, quindi se non potete procurarvele, evitatevi proprio la fatica), vi consiglio di trovare qualche complice, altrimenti oltre a trasformare la vostra cucina in un antro odoroso di arance, rischiate di trasformarvi in arance voi stess*: io invece ho passato almeno quattro ore a tagliuzzare, sbucciare, togliere semi e chi più ne ha più ne metta (con colonna sonora degli Offlaga Disco Pax per la maggior parte del tempo). Ma alla fine ho sfogato, decisamente un bel po’!

Ingredienti: Per ogni chilo di polpa d’arance già sbucciate e senza semi, 1 limone, 400 cc d’acqua e 700 g di zucchero. Indispensabili un pentolone capiente e una dose massiccia di pazienza o di surrogati efficaci.

Si pela metà delle arance con un pelapatate, e si mette da parte la buccia, che dev’essere quanto più priva di bianco. Le buccette si tagliano à la julienne e si scottano dieci minuti in acqua bollente. Poi si scolano, si fa bollire nuova acqua e si ripete l’operazione per altri dieci minuti. L’operazione serve a togliere l’amaro alle bucce.

L’altra metà delle arance si sbuccia normalmente: io ho usato le scorze per farle candite — un vero sballo, se non fosse che pure per queste ci vuole un sacco di tempo, ma tant’è: mentre si segue la marmellata, dare un’occhiata alle buccette che bollono nell’acqua e zucchero non è un dramma.

Adesso comincia la parte più appiccicosa, quella in cui si tolgono i semi e si tagliano le arance (che devono essere private il più possibile della pellicina bianca). Il metodo più indolore che conosca consiste nel tagliarle a metà trasversalmente al picciolo e nell’affettarle nello stesso senso: in questo modo molti semi escono da soli, senza doverli cercare, anche se poi nella marmellata che cuoce ne affiorano sempre parecchi che bisogna togliere col cucchiaio.

Quando tutto è pronto, si pesa la polpa e si stabiliscono le quantità di acqua e zucchero. In un pentolone si mettono l’acqua e lo zucchero, che deve sciogliersi bene. Quando l’acqua torna trasparente si aggiungono le arance e il succo di limone e quando la marmellata comincia a bollire si uniscono le scorzette. Poi il resto viene da sé, girando ogni tanto, e aspettando che il liquido si addensi. Per capire se la marmellata è pronta, si fa la solita prova del piattino: si mette un cucchiaino scarso di liquido su un piattino freddo e se capovolgendolo il composto non cade, la marmellata può essere invasata. Alla fine si lasciano i vasetti ben chiusi a testa in giù finché non si raffreddano. Enjoy.

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